Le esperienze di premorte sono sempre più motivo di indagine e, se da una parte destano curiosità, dall’altra sembrano confermare l’idea di molti, ovvero che la morte rappresenti solamente la fine del corpo e non della coscienza. Il cardiologo olandese Pim Van Lommel, il primo che analizzò le NDE (Near Death Experience) dichiarò “Dopo aver ascoltato migliaia di persone credo che la morte non sia la fine di tutto”.
Potresti non credere alle sue parole, oppure darti la possibilità di scoprire, considerando il dubbio non più nella sua mera connotazione negativa, ma come preziosa risorsa. A te la scelta!
Sommario
Cosa sono le esperienze di premorte?
Prima di spiegarti cosa si intende quando si parla di questo tipo di esperienza, credo che una premessa sia doverosa. Non esiste società, cultura o religione che non si interroghi su cosa accade dopo la morte. In Occidente la morte viene vista nella sola ottica di contrapposizione alla vita, spaventa, terrorizza e spesso si preferisce escluderla dalla conversazione. Ha davvero senso farlo? La risposta, come del resto puoi immaginare, è no.
Che la vita ormai non finisca con la morte ma si trasformi, è un’idea che non trova più solamente nel credo religioso il suo consenso. Sono le esperienze di premorte (NDE, ovvero Near Death Experience) vissute da persone clinicamente morte, con elettrocardiogramma ed elettroencefalogramma piatti, che hanno sperimentato “l’ignoto” e sono state poi rianimate.
Alcuni parlano di una luce in fondo al tunnel, altri di uno stato di permanenza fuori dal corpo o dell’incontro con i propri cari. Un’esperienza fuori dal comune, talmente straordinaria e intensa che vale la pena conoscerla, ancora prima di formulare un giudizio.
Gli studi di Pim Van Lommel
Le ricerche del cardiologo olandese, autore del best seller internazionale “Coscienza oltre la vita. La scienza delle esperienze di premorte”, iniziano dalle dichiarazioni di un uomo colpito da arresto cardiaco, salvato nel reparto di cardiologia in cui lavorava.
Sembrava quasi infastidito di essere stato riportato in vita. Dall’altra parte, infatti, raccontava di sentirsi nel pieno del suo benessere e di aver visto la luce in fondo al tunnel. Com’era possibile tutto questo? Erano forse allucinazioni della mente o magari sogni?
Durante lo studio condotto tra il 1988 e il 1992 su 344 pazienti, i risultati furono estremamente interessanti. L’82% non aveva alcuna memoria delle esperienze di premorte, al contrario del restante 18%. Di questi pazienti un terzo non ricordava con precisione la NDE, 18 persone raccontavano un’esperienza moderata, 17 invece una NDE profonda e 6 persone un’esperienza unica e importante.
Esisteva qualche fattore in grado di provocare una Near Death Experience, magari la reazione a un farmaco utilizzato? In base alle ricerche di Pim Van Lommel non c’era alcuna interferenza causata da farmaci o da un’eventuale paura di morire.
Nemmeno la durata del periodo di incoscienza poteva incidere. Non erano allucinazioni, questo era ormai certo, ma esperienze straordinariamente uniche. Le testimonianze poi che si riferivano alle percezioni extracorporee erano accurate e solamente una percentuale irrisoria presentava errori. A questi stessi risultati è arrivato il professor Raymond Moody, autore di “La vita oltre la vita”, edito da Mondadori nel 1977.
Esiste dunque vita dopo la morte? La coscienza è davvero immortale? Una domanda la cui risposta non è più così incerta come un tempo, ma che trova nella testimonianza di chi ritorna alla vita, una possibilità meritevole di attenzione.
Il tema è stato affrontato anche da Paola Giovetti (Redattrice di Luce e Ombra, la più antica rivista italiana di parapsicologia e Presidente della seconda più antica biblioteca d’Europa Bozzano de Boni) nel suo libro “NDE – Near Death Experience. Testimonianza di esperienze in punto di morte.”
Delle esperienze di premorte ne ho fatto cenno nel mio libro “Le anime non hanno colpa“, in cui tratto l’ipnosi regressiva alle vite passate, per connettersi nuovamente a una realtà ancestrale, risolvendo così i disagi di questa vita, portati dall’anima.
Le esperienze di premorte nei bambini
Negli ultimi decenni sono state innumerevoli le ricerche sulle NDE vissute dai bambini, così come i libri di approfondimento. A differenza di noi adulti, infatti, i bambini hanno un trascorso di esperienze piuttosto limitato e stupiscono le testimonianze riportate, come quelle raccontate dal Dr. Morse (Medico e direttore della Clinica pediatrica ortopedica di Seattle).
In alcuni casi un tunnel di luce, in altri entità spirituali che li avvisavano di essere nuovamente attesi sulla Terra dai familiari, altri ancora sagome indefinite piene di luce pronte ad accompagnarli in luoghi con prati fioriti e colline. Cosa colpisce?
Non solo il racconto in sé e il non voler sempre far ritorno nel proprio corpo, nonostante la preoccupazione di vedere i medici intenti a fare di tutto per salvar loro la vita e i genitori soffrire in ospedale, ma anche il fatto che i bambini si percepivano come entità spirituali adulte.
Il confine tra la vita e la morte è dunque più complesso e ricco di sfumature di quello che probabilmente ci saremmo mai aspettati. Sono gli stessi racconti di pazienti dichiarati clinicamente morti a rafforzare la convinzione che l’esistenza non si leghi solo al corpo, ma evolva in un nuovo stato di coscienza.
Il più grande interrogativo dell’uomo, ovvero se esista vita oltre la morte, trova nelle esperienze di premorte una nuova luce. Chi siamo noi per negarla?