Prendere decisioni intimorisce tutti noi, soprattutto quando le conseguenze modificano radicalmente la routine quotidiana. Ed è proprio qui che si nasconde la paura del cambiamento. Nell’abitudine troviamo conforto, rifugio e accoglienza delle nostre fragilità, anche di quelle più profonde. Diventa per noi un luogo che ci fa sentire al sicuro, proprio perché lo conosciamo bene, anzi benissimo.
Il cambiamento, invece, genera una sensazione di insicurezza, che pervade ogni nostra azione, bloccandone l’iniziale esuberanza. È normale aver paura del cambiamento? Certo, siamo umani.
Quando è invalidante e non ci permette di godere dei frutti della nostra forza di volontà, richiede però un’attenzione diversa da quella che le diamo solitamente.
Sommario
Le conseguenze della paura del cambiamento
La vita ci insegna ad apprezzare ogni singolo attimo, ma ci mostra anche le difficoltà e le insidie del cammino, soprattutto quando si tratta di uscire dalla zona di comfort. In quel preciso istante la paura del cambiamento fa la sua comparsa, invadendo sempre più i nostri pensieri, finendo poi per tormentarci.
E cosa accade?
Stress, frustrazione e mancanza di fiducia nel futuro si manifestano in tutta la loro potenza, rendendo il cambiamento non solo più difficile, ma anche indesiderato. La paura diventa convinzione e la realtà si radica in noi ancora più forte, certa di non essere messa da parte per un sogno che improvvisamente diventa pura utopia. Ed è così che i traguardi da raggiungere si allontanano e la quotidianità (a noi tanto cara) diventa l’unica soluzione possibile, che non richiede altro se non restare immobili. Quante volte hai provato timore nel cambiare prospettiva? O nel giudizio delle persone che ami?
Forse ti senti insoddisfatto della vita che stai vivendo, d’altronde può capitare a tutti. Magari vuoi concederti nuove possibilità future (trasferendoti all’estero o cambiando lavoro) e cerchi approvazione dalle persone che ami, probabilmente la famiglia. Vedi in loro i giudici supremi che possono o meno appoggiare e condividere il tuo desiderio, o decretarne una fine anticipata. Credi che sia davvero giusto regalare ad altri i tuoi sogni? Solo per paura di fallire o della realtà in cui ti troverai? La risposta è no, perché le speranze e i desideri sono un bene inestimabile.
Non esiste un cambiamento che non richieda di uscire dalla propria comfort zone e non vi è alcun successo o realizzazione personale senza un inciampo o fallimento. Siamo nati non per essere invincibili, ma per trarre importanti insegnamenti dai nostri errori, insicurezze o paure, compiendo un nuovo passo verso l’obiettivo. Non esiste sfida che tu non possa vincere, prova che tu non possa superare. Potresti fare un passo falso inizialmente, ma poi cambiare scarpe e ritrovarti sul cammino giusto, quello che hai inseguito per tutta la tua vita, tra un’esitazione e l’altra.
Ricordati sempre queste parole: hai in te le risorse per superare la situazione in cui ti trovi, abbracciando il cambiamento, senza ascoltare più altre voci che non siano la tua, vivendo la vita che desideri. Sta a te concederti questa possibilità. Cosa stai provando? Come ti senti dopo aver letto le mie parole? Se vuoi sprigionare le tue potenzialità e superare così la paura del cambiamento, puoi affidarti all’ipnosi.
Come affrontare la paura del cambiamento?
Non esiste alcun demone nella tua mente, ma un timore che trova le sue radici in un comportamento pregresso, o magari in un fallimento. Cambiare richiede apertura a nuove prospettive, accettazione dell’ignoto e ascolto delle proprie fragilità. Sono aspetti delicati, non solo da analizzare o studiare, ma piuttosto accogliere, abbracciare e amare, perché fanno parte di te.
Affrontare la paura del cambiamento e superarla significa accettare le tue debolezze e insicurezze, per un fine supremo: ricostruire la fiducia in te stesso e quindi la tua forza di volontà.
Può davvero aiutarti l’ipnosi?
La risposta è affermativa e perché tu possa capire come si svolge una seduta di ipnosi ti parlerò di Sara. Si è rivolta a me per affrontare e superare una fobia che da anni l’attanagliava e che l’aveva di fatto bloccata, non facendole vivere la sua vita.
Cambiare avrebbe significato superare una paura di cui aveva il timore più assoluto. Ci sarebbe riuscita? Mille dubbi nella sua mente e una paura che il cambiamento potesse rivelarsi peggiore della fobia stessa. Del resto, lei non era abituata a vivere in altri contesti, se non in quello delle sue fragilità.
Qual era la sua paura? Sara aveva il terrore dei tappi da bottiglia e vivendo in campagna la sua vita era letteralmente un inferno. Aveva già tentato tanti approcci psicoterapici, ma senza successo. La cosa poteva sembrare grottesca e ridicola, ma la faccenda era così. Invero, i tappi a cui faceva riferimento erano solo quelli di sughero, cioè prevalentemente quelli per le bottiglie di vino.
Così non poteva uscire con gli amici ed entrare in osteria (a Bologna ce ne sono tantissime), o in altri locali in cui avesse il timore che ci fossero dei tappi, compreso bar e piccole botteghe.
Per i grandi magazzini e i supermercati si faceva forza, anche se il dolore e il tremore erano sentiti. Riusciva a entrarci ma mantenendo debita distanza dal reparto vini e alcolici e finita la spesa fuggiva letteralmente. Mi raccontò del dramma che aveva sviluppato intorno ai 10/12 anni. Da allora, sino ai suoi 38 anni la faccenda si era deteriorata sino a renderle la vita sempre più pesante e difficile. A lei, al suo compagno, agli amici e ai familiari.
Più serena era la cosa in ambiente di lavoro dove vino non ne circolava. Sebbene avesse forti resistenze sulle tecniche ipnotiche, mi aveva confidato che per lei “quella era l’ultima spiaggia!”
E così iniziai la trance, dopo il colloquio conoscitivo, che prevedeva di ricercare le ragioni della sua fobia in “altre vite, vite passate”. La seduta fu decisamente toccante, ma molto utile. Durante la regressione si vide come moglie di un oste in una locanda romana, durante la metà dell’800. Un uomo armato, un soldato, aveva preteso di mangiare alla tavola del locale gratuitamente. Si era ubriacato e il marito della donna gli aveva chiesto ripetutamente di essere pagato per il pasto e il vino. Questi, assai alterato dai fumi dell’alcool, aveva estratto la pistola e con fare minaccioso aggredito l’oste che si era difeso con energia.
Nella colluttazione, purtroppo, era caduto su una giara di terracotta in cui erano stati depositati tutti i tappi di sughero delle bottiglie consumate. Purtroppo un colpo accidentale partì e il proiettile colpì l’uomo che nel cadere aveva anche rotto col capo il contenitore. Morì tra le braccia della donna che lo aveva stretto a sé. Il dolore fu così forte che anche lei si accasciò per terra svenuta tra lo stupore e il terrore degli altri presenti in sala. Il trauma, poi, che era emerso dalla seduta e che aveva dato origine al sintomo, fu l’associazione dell’evento della morte del proprio caro col contenitore traboccanti di tappi di sughero.
Sara si alzò dalla regressione sollevata e molto serena sentendosi liberata, in breve, dalla fobia che l’aveva ingabbiata a lungo nelle privazioni che aveva sopportato. E che aveva fatto sopportare anche ai suoi cari. Qualche giorno dopo mi mandò un messaggio in cui mi disse di aver superato la paura. Era riuscita a entrare in un bar, con qualche timore iniziale, ma ce l’aveva fatta.
Può sembrare strano, ma le paure sono così, si “incollano” a un avvenimento senza che abbia apparentemente significato, ma è così. La mente deforma la ragione della paura e la manifesta in modo da deformarne, forse, i ricordi.